A.D.1998. Nell'elegante prosa dell'amico Pier Guido Raggini così si leggeva: "L'opera ... definisce e sintetizza la riflessione originale intima e moderna effettuata su questo tema. (La maternità)
La figura della Madre, seduta, accovacciata sulle sue gambe, in un equilibrio mantenuto da un braccio appoggiato a terra e dall'altro sollevato a reggere la punta del velo che fuoriesce ad avvolgere e proteggere il Bambino addormentato e sereno. Le masse, i volumi del modellato plastico, il volto della Mamma fissano un momento di tenerezza, di quiete e di stupore, di dolcezza divina ed umana.
Puntualità fisionomica, fin nei dettagli familiari e rigore anatomico permettono vibrazioni discrete di luce. Quella scena così quotidiana e normale, sembra rievocare nelle linee che strutturano l'opera presagi e simboli tragici.
Da quell'abbraccio e da quella protezione il Bambino sarà avviato ad un sacrificio. Il breve sonno della morte in croce diventerà risveglio per sempre alla vita eterna.
Caparra per la nostra salvezza." (da IL TEMPO, LA MATERIA, L'ETERNO Rassegna di scultura sacra contemporanea romagnola)
La posizione del bambino potrebbe ricordare, a parte le dimensioni e l'aspetto dell'età, quella che ha il cristo della Pietà, una anticipazione meravigliosa e tragica insieme a seconda che lo sguardo sia di fede o meno. E' ancora con me.
Questa statua ha subìto altre due cotture a 980°C. precedenti a quella a gran fuoco per lo smalto. Ciò per una migliore rifinitura della terracotta e la massima eliminazione dei vapori legati alla trasformazione quarzosa dell'argilla e quindi per ottenere una migliore resa dello smalto.
Ha circa le dimensioni dell'interno del forno, (hxprof.xlargh. - 90x60x85). E' un oggetto di una certa presenza ed è una ceramica di tipo faentino, cioè terracotta a 980° C. poi smaltata in seconda cottura "a gran fuoco" a 920°C. Lo smalto in questione è uno smalto mat chiamato "a guscio d'uovo" per l'aspetto della superficie.
Questa scultura ha dimensioni vicine al limite massimo possibile e si compone di un unico pezzo. Ho eliminato gli stampi facendo invece dei pezzi unici, realizzandoli con una tecnica a spirale simile a quella chiamata "a colombino". La parte in basso dove appoggia è aperta al centro per far sì che perda umidità e possa seccare. Dopo aver fatto un modellino procedo ingrandendo di conseguenza ogni particolare fino alla sua parte più alta. A mano a mano che si procede verso l'alto, la parte più bassa indurisce in maniera tale che riesce così a reggere il proprio peso, mentre in alto, di giorno in giorno, tendo a coprire i bordi in modo che rimangano plastici e possano accogliere nuova argilla. Alcuni piccoli particolari possono poi essere aggiunti. Oggetti così richiedono diversi giorni di lavoro, fino anche a sette o dieci. Dopo la costruzione dell'opera c'è la necessità di attendere l'essiccazione totale dell'argilla.
Questa importante fase è la più lunga, ci possono volere anche alcuni mesi. In questa fase è necessario procedere lentamente per dar modo alle particelle colloidali dell'impasto di prendere il posto delle molecole d'acqua evaporate. Se questo non avviene nei suoi tempi naturali, si formano crepe e fenditure irreversibili che portano alla completa rottura del pezzo.
Alla fine, tra cotture e raffreddamento rimane in forno anche quattro o cinque giorni. Anche qui è necessario procedere molto lentamente sia in salita termica che nella curva di raffreddamento fino a temperatura ambiente. Soltanto allora si può togliere dal forno. Il procedimento che ho appena descritto vale un po' per tutti i grandi pezzi di ceramica. Naturalmente più l'oggetto è piccolo e meno paura avrà degli sbalzi termici.