Un lavoro di grandi dimensioni realizzato da tutto il GCP che poi, stringi stringi, siamo sempre quei sette-otto lì. Si può in certi casi arrivare anche a dieci, ma è più raro. Fu un lavoro immane. Venti canne diametro 140 mm. che andavano da quattro a sei metri di lunghezza e una struttura di sostegno a tre piedi di venti centimetri di lato. Peso totale, quasi una tonnellata e mezzo. Scala cromatica completa dal do al sol dell'ottava successiva. Fu utilizzato per la scenografia di un Nemo che si svolse al Metropol. In quell'occasione i miei compari d'avventura mi costrinsero con un basso ricatto a suonare questo coso. Pazienza.
Bisogna premettere un piccolo particolare: le canne di ferro, determinate con l'aiuto di un accordatore elettronico, emettevano notevoli vibrazioni, ma l'acustica ha le sue leggi.
Non esisteva nessuna cassa armonica perciò il suono delle canne era percepibile nelle vicinanze e non poteva diffondersi lontano. Diverso sarebbe stato se invece che forma cilindrica avessero avuto forma a campana. Alle prove si era d'accordo con un tecnico per un microfono panoramico, ma nel frattempo un altro tecnico che ascoltò da lì vicino, decise che non ce n'era bisogno. Lascio immaginare il risultato. Pazienza.
Nel periodo successivo a quell'evento prese forma una storia che sarebbe troppo lunga da raccontare. Una cosa è certa: il tubofono scomparve. Pazienza.
Ho ancora in tasca un fazzoletto con un grosso nodo. È per ricordarmi meglio.